Ieri pomeriggio è successa una disgrazia a Viola, la Beagle dei mie genitori. Durante la passeggiata con mio padre ha mangiato un'esca avvelenata e in poche ore è morta. Tragedia famigliare, ovviamente, visto il forte legame che la univa ai miei genitori.
Ieri sera, rattristato da questa notizia ho pensato di farmi ulteriormente del male cercando, nell'archivio informatico del giornale La Stampa, accessibile tramite il sito Internet, notizie su un incidente in montagna cui assistetti da bambino.
Il 21 agosto 1971 (avevo 5 anni) ero in vacanza, insieme ai miei genitori e ai miei nonni, al Peuterey, amena località della Val Veny poco sopra Courmayeur (AO). Nel pomeriggio di un giorno a tratti piovoso mio padre, un suo amico e mio nonno stavano guardando con il binocolo alcuni alpinisti che salivano al Rifugio Borelli (2325 m) situato al Fauteuil des Allemand, ai piedi della parete del Mont Noir de Peuterey (2928 m), e utilizzato come base di partenza per salire la parete sud dell'Aiguille Noir de Peuterey (3773 m). Mia nonna chiese di poter guardare anche lei con il binocolo perchè non aveva mai visto degli alpinisti durante un'ascensione; glielo passarono spiegandole dove guardare e lei subito dopo averli inquadrati esclamò in piemontese: "Ahmmi a l'è cascaine un" (non sono sicuro della correttezza della grafia ma il significato è: ahimè ne è caduto uno). Ovviamente le altre persone presenti cercarono di tranquillizzarla dicendole che, probabilmente, era caduto uno zaino; guardando a loro volta, però, videro che gli alpinisti in parete facevano segnali per richiedere aiuto.
Mio padre e il suo amico partirono immediatamente verso il luogo dell'incidente. Una volta arrivati sul posto verificarono che era caduta una ragazza e, purtroppo, era deceduta sul colpo dopo un volo di circa 50 m. Pochi minuti dopo arrivarono gli uomini del soccorso alpino allertati telefonicamente da mia madre, ma non poterono più far nulla se non aiutare gli amici della vittima a scendere. Uno di questi fu portato a casa nostra e, ricordo ancora, nonostante la tragica sventura trovò la forza di sorridere a me che lo guardavo incuriosito.
Con il passare degli anni non si parlò più del fatto ma io non me ne dimenticai, sebbene quando accadde fossi molto piccolo. Ieri sera, nell'archivio de La Stampa, ho trovato la scansione della pagina di giornale con l'articolo che ne parlava. La ragazza morta, di cui non avevo mai saputo il nome, si chiamava Angela Caccia, aveva 19 anni ed era di Busto Arsizio (VA). Leggere l'articolo mi ha colpito profondamente ma ne voglio parlare per ricordare Angela, di cui il 21 agosto ricorre il quarantaduesimo anniversario della morte: depongo un fiore virtuale sul luogo dell'incidente per mantenerne viva la memoria.
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| La parete a monte della quale è ubicato il rifugio Borelli |